La mattinata non poteva
che iniziare ,consolidando la tradizione, con un succulento
piatto di polenta annaffiato con vino offerti dalla locale Pro-loco,
gustati nella piazzetta con belvedere da cui si scorge la prima
parte del tracciato.
L'accoglienza è stata schietta
e genuina come è il carattere del sindaco, il sen. Valletta,
che ama stare fra la gente. Due giovanotti sono vestiti con
l'antico e bellissimo costume di panno nero, figli un certo
Morgante, vecchia conoscenza dei tempi universitari, che qui
ha trovato la dolce metà.
L'impegno di Ernesto, ex alunno, non
paragonabile a quello scolastico ha fatti si che ottimi sono
stati i risultati nella degustazione . Si prosegue poi con la
visita del centro storico e della mostra della civiltà
contadina, una raccolta di attrezzi sistemati nella corte del
palazzo baronale.
I Cavalieri Triventini, presenti già
da tre anni alla manifestazione, tanto che Germano non fa più
confusione nel nominarli mentre Michele non dimentica l' avventura
trascorsa a Salcito, per la difficoltà del tracciato
si avviano su altro percorso e ci attenderanno al prossimo paese.
Quest'anno mi sono avvalso di due
guide esperte e soci della nostra sezione di Italia Nostra:
Michele ed Enrico ai quali va anche un vero e grande elogio
per l'impegno di oltre un mese di lavoro che ha reso praticabile
a tutti il sentiero chiuso in buona parte da un intrigato groviglio
di rovi e di arbusti.
Un lavoro completato con la perfetta marcatura, con il marchietto
di Italia Nostra. dell'intero tracciato che hanno perfezionato
presi dall'entusiasmo per la bellezza degli scenari che hanno
appassionato anche i camminatori.
Un percorso sconosciuto, fuori città, alle porte di Isernia,
la cui descrizione è presente nel libro dato in omaggio
dal Presidente della Provincia ai partecipanti prima della partenza
, in effetti inesistente se non ci fosse stata l'opera alacre
dei due "tagliatori" sopra citati.
Il percorso extra urbano che inizia
nei pressi del depuratore è certamente uno dei più
belli da quando si effettua "Cammina, Molise!".
Dopo il primo tratto tra il rimboschimento
di essenze resinose costituito da cipressi svettanti che indirizzano
lo sguardo, si prende il sentierino ben visibile e ,adesso,
ben segnato. Ad un bivio si svolta sulla destra e ci si incammina
per lo stretto sentiero che in effetti ricalca la traccia di
un acquedotto fra pareti sulla destra e ripidi pendii sulla
sinistra.
Un semiarco di roccia costituisce un passaggio forzato e, guardando
indietro, si nota che la fila si è già allungata:
le ultime maglie verdi sono ancora all'inizio del sentiero,
fra i tornanti. e spiccano sulla parete di roccia. Lo sguardo
poi va sulla sinistra e, oltre il torrente, incontra le alte
e verticali pareti sulla cui sommità c'è la cinta
sannitica di Montelongo.
In basso si può scorgere lo scorrere delle acque del
torrente fra scivoli e grossi massi arrotondati dal tempo .
L' energica ripulitura di Michele e di Enrico ha dato i suoi
effetti ed il sentiero è diventato praticabile anche
dalla massa dei partecipanti. Dopo oltre un'ora e quasi alla
metà del percorso per Longano si oltrepassa per la prima
volta il fiume su un'abbozzata passerella, e, una volta raggiunta
l'altra sponda, inizia una ripida salita verso le rosse pareti,
che si stagliano al di sopra della intrigata vegetazione di
carpini, maggiociondoli e lecci di Montelongo.
Ci si arrampica sui versanti, si passa sotto pareti rosse a
strapiombo, ci si inerpica su per massi in cui sono stati segnati
anche i passi dove posizionare i piedi, si continua fra la folta
vegetazione e su punti in cui sono stati creati gradini per
non scivolare, stretti fra pareti di roccia che lasciano appena
lo spazio per inerpicarsi e cosi' si giunge poco prima di Longano
.
È un momento di sosta meritato nel prato ma all'appello
manca stranamente Enrico che giunge con grosso ritardo e molto
accaldato. Ci informa con la solita perizia, illustrando i problemi
fisici e di fisica, che qualche notevole "massa" umana
crea per vincere il richiamo del terreno, nonostante i tentativi
di spinta su per l'erta china.
Mancano all'appello anche due piccolette
Rosaria ed Alessandra che non hanno saputo resistere al richiamo
dell'acqua.
Si prosegue adesso per un sentierino che non presenta difficoltà;
sul tronco di un albero , caduto di traverso, è stata
segnata anche la possibilità di passare sopra o sotto,
ma qualcuno tuttavia ci sbatterà contro. Si cammina ora
in un bosco fra faggi e il cui sottobosco più pulito
ci dà la visione del fiume dalle limpide acque.
Una sosta per una bevuta all'antica direttamente dalla sorgente
dalle acque copiose, la Fonte Scintilla, che vanno ad arricchire
il torrente sottostante.
Quando si giunge all'aperto, sulla brulla parete opposta appaiono
le prime bianche case di Longano che si raggiunge, in compagnia
dei cavalieri, superando un vecchio ponte che scavalca il corso
d'acqua.
Non poteva mancare ad accoglierci, il Sindaco Monaco, pur se
non in perfette condizioni fisiche, che da anni è impegnato
nel cercare di valorizzare il corso d'acqua, le testimonianze
storiche del territorio ed a invogliarne la frequentazione,
ci riceve con un ottimo piatto di carbonara e pizza con prosciutto.
Dalla piazza del paese si può osservare la salita che
ci aspetta per risalire all'Acquabona e si scende verso le limpide
acque del torrente Lorda che si supera in località Mulino.
Il tracciato si sviluppa poi parallelo al vallone Acquabona
nel quale, in primavera, lo spettacolo delle acque che scendono
rapidamente offre uno scenario incantevole.
L'impennata lungo il sentiero, da cui ci si può spingere
verso il torrente per uno sguardo, è notevole (da 620
m ai 900 m slm) e permette di raggiungere rapidamente il pianoro
dell'Acquabona che si percorre seguendo il tracciato del vallone.
Si attraversa il piccolo pianoro ben coltivato che produce ottime
patate ,al termine del quale inizia la salita non faticosa procedendo
su strada trattorabile.
Poco dopo bisogna girare sulla sinistra perché sulla
destra il sentiero conduce verso Monteroduni ed anche a Gallo.
Da questo momento il panorama si apre verso Monteroduni, le
Mainarde e la zona di Venafro.
Si continua lungo il versante del monte e, verso la sommità
del tracciato , si lascia la stradina che porta a Roccamandolfi
per scendere, a destra, nel pianoro sottostante.
E' una piccola valle , frequentata dal bestiame ,dalla morfologia
complessa per la presenza di inghiottitoi e rocce affioranti
ai piedi del monte, i cui versanti, nelle pieghe del terreno
più fertili, risultano terrazzati.
Dopo un breve tragitto, voltando verso sinistra, appaiono sullo
sfondo forme originali di rocce; forme contorte in cui si può
immaginare di scorgere volti di vecchie, profili ed altro.
Dopo averle raggiunte sul limitare
del ripido pendio, si è gratificati, dalla splendida
vista delle acque verdi del lago di Gallo Matese con piccoli
isolotti, mentre il paese vi si rispecchia.
Per raggiungerlo bisogna scendere
con qualche difficoltà il ripido pendio attraverso una
traccia che si snoda fra spuntoni rocciosi lungo il ripido pendio.
Che dire della accoglienza al crepuscolo
a Gallo Matese, nella piazza del paese attrezzata per l'occasione
e con l'offerta carne e salsicce alla brace !
|
Luogo di raccolta
dei circa 200 Marciatori, provenienti da più parti d'Italia,
è Sant'Agapito, una comunità di poco più
di mille abitanti che vive in una verde zona collinare, custode
di antiche tradizioni e di poche testimonianze del suo passato
feudale, impiegata, oggi, nel terziario e nell'imprenditoria,
ma pur sempre legata ad attività agricole.
La piazza è insolitamente movimentata; i variopinti colori
dell'abbigliamento vanno uniformandosi nel verde della maglietta,
simbolo ormai del 'Cammina, Molise'; la pluralità degli
accenti linguistici, delle flessioni dialettali va collocandosi
nell'armonia di un coro che canta la gioia del rivedersi o di
incontrare volti nuovi, un coro di suoni e voci armonizzate
nel piacere di raccontarsi, nell'attesa di un'esperienza da
vivere insieme.
Si fa notare nella piazza una splendida coppia di quindicenni
che indossano il costume tradizionale: orgogliosa la fanciulla
nel mostrare 'la mappa' orlata del prezioso tombolo antico,
indossata dalla bisnonna, premuroso ed attento il giovincello
che l'accompagna.
Sono studenti che frequentano il Liceo classico di Isernia e
che felicemente ci accompagnano a visitare il centro storico,
dando spiegazioni sugli oggetti domestici e agricoli utilizzati
nel passato ed esposti nell'accogliente corte del palazzo nobiliare,
un apprezzabile segno di iniziative per attirare ed interessare
il visitatore.
Sono essi che porgono con delicatezza il piatto tipico, la colazione
del contadino, a base di 'muacc e cicur' polenta e maiale a
tocchetti, preparata dalle Donne del luogo.
E' un cibo fragrante che sa d'antico e, con i gusti di un tempo,
rievoca l'immagine di Donne accaldate le quali, con abilità,
versano la farina di granturco nell'acqua bollente del largo
paiolo di rame, la girano con la lunga cucchiaia di legno, ad
evitare che si formino grumi e continuano a girare con forza
e regolare cadenza la massa che si fa sempre più pesante,
finché, soffice e vellutata, non giunge al giusto grado
di cottura, per essere condita con il sugo precedentemente preparato.
Le parole del Sindaco Valletta sono improntate ad una pacata
analisi della situazione presente, sostenuta da rassegnazione
e da un moderato ottimismo sulla possibilità che il riappropriarsi
delle proprie radici sia la forza per iniziative future, capaci
di rivitalizzare le piccole comunità molisane.
Da Sant'Agapito inizia il cammino di quattro ore attraverso
un sentiero davvero suggestivo che il Presidente di Italia Nostra,
Claudio di Cerbo, ha individuato ed i soci Enrico Zanetti e
Michele Gianjacovo hanno reso praticabile con un estenuante
lavoro di volontariato.
Degna di grande apprezzamento l'azione di restituire alla pubblica
fruizione un percorso stupendo abbandonato dagli uomini ed occupato
dalla forza di una vegetazione infestante; c'è tuttavia
da sperare che il sito non venga lasciato ai rovi, ma migliorato
nella percorribilità e pubblicizzato come uno dei sentieri
più belli del Molise, meritevole di essere attraversato
da chi ama la Natura.
E' una via che ricalca un antico acquedotto e scorre tra spuntoni
rocciosi ed una scarpata degradante precipitosamente verso il
fiume.
Spettacolare il serpentone che si snoda nello stretto sentiero
con una vitalità che si sintonizza con il vitalismo della
natura: l'accattivante musicalità del torrente Lorda
che scorre tortuoso nel Vallone e conquista per la limpidezza
delle sue acque, il venticello che soffia tra una vegetazione
fitta di carpinella, frassino, orniello, roverella danno piacevoli
sensazioni che attenuano le paure trasmesse dall'impervietà
del luogo. L'attraversamento del fiume, l'allontanarsi da esso,
luogo ameno e riposante, per inerpicarsi in un'erta ripida,
rocciosa, è un'impresa piacevole per chi ama sfidare
il pericolo, è un evento da dimenticare o da ricordare
con brividi da parte di chi vive l'impresa con terrore e con
le oggettive difficoltà di un paesaggio selvaggio.
Il gruppo si divide: c'è chi, agile ed allenato, procede
spedito ed ogni sforzo nel superare dislivelli, arrampicandosi
per pareti rocciose, utilizzando malfermi spuntoni, nel vincere
difficoltà sempre più imprevedibili è motivo
di soddisfazione, mentre gli altri 'si salvano' grazie alla
generosità di giovani valorosi disposti a rallentare
il passo per porgere la mano valida e il sostegno generoso;
infine, anche se in ritardo , i vari sottogruppi raggiungono
la meta.
Longano, dominante sull'aspra sporgenza rocciosa sembra aerea,
irraggiungibile, ma i primi ruderi di mura a secco, il ponte
sul Lorda, l'ultima salita immettono in una realtà carezzevole
che scioglie la tensione. Affabili le poche persone incontrate,
simpatica la Nonna, che da sempre indossa il costume tradizionale,
ben curate le strade e le case in pietra; incastonata nella
facciata di una casa, si fa notare una preziosa croce viaria,
che, tuttavia, meriterebbe una visuale più aperta, non
ostruita dalle campane porta- rifiuti, per le quali sarebbe
facile trovare una sistemazione diversa.
Un fumante piatto di pasta alla carbonara, la squisita focaccia
con prosciutto nostrano ed il robusto vino locale, nonché
il saluto cordiale del Sindaco, orgoglioso di conservare una
natura incontaminata sono piacevole corollario ad una fase della
giornata densa di emozioni.
L'avventura pomeridiana, presentata come percorso in forte salita,
in agevole discesa, è affrontata con alacrità
dalla maggior parte dei marciatori.
La forza del Matese appare in tutta la sua possanza: rocce modellate
dalla forza eolica, rigate dall'attività delle acque,
ardue nella loro grigia nudità, verde e rassicurante
là dove l'humus ha consentito alle piante di attecchire
in cespugli sparsi o in fitta vegetazione. Rocce che conservano
i fossili di un mare antico, rudiste, coralli; l'appassionato
Rocco Cirino le ricerca, le mostra con ammirazione, spiega la
dinamica della trasformazione, ma il tempo vola e bisogna accelerare,
altrimenti le ore di insolazione fuggono abbandonandoci alle
tenebre.
Si riprende di lena il cammino con un saliscendi continuo, si
ammirano le doline perfette nella loro circolarità, mentre
il pensiero vaga sulle 'stranezze' della Natura, dove ogni elemento
è inserito nella logica sistemica, nella regola che è
legge incontrovertibile. Una sosta sulla sommità dell'altura
faticosamente raggiunta; lo sguardo si allunga in lontananza
e scorge, sorpreso, nella sua avvincente bellezza il lago di
Gallo coi verdi isolotti, sommerso nel gioco di luci del tramonto.
La tentazione è di rimanere in alto per disperdersi in
tanta meraviglia, ma gli occhi si abbassano sulla via del ritorno:
tornanti ripidi, brecciosi, sdrucciolevoli che consigliano un'immediata
ripresa del cammino. Interminabile il viaggio, senza l'anelo
della vetta, con la fatica dello scendere e l'attenzione vigile
per non farsi travolgere in un precipizio insidioso che intimorisce,
dando un saggio della natura tormentata, terribile.
Si raggiunge infine la meta; l'incontro con chi prudentemente
aveva preferito il pulman è all'insegna dell'affettuosa
premura e la piazza di Gallo è in festa: tutto è
pronto per la musica che coinvolge nei balli, per la degustazione
che gratifica il palato con il sapore di cibi tipici dai nomi
strani.
E' il Sindaco ad accoglierci con un simpatico benvenuto e a
dare spiegazioni sull'origine e sul modo di cucinare i cibi
che ci vengono offerti - fregole, igliastra, causciun - pietanze
che intendono valorizzare come nota storica dell'antica cultura
contadina.
Le fregole nascono dall'esigenza di riciclare gli avanzi e dall'ingegno
delle donne nel presentarli in una veste nuova e più
appetibile; i resti cibari del giorno precedente, impastati
con farina di mais, insaporiti da succulenti tocchetti di lardo
o di salsiccia, diventano un ambito piatto per la colazione
da consumare, con le mani, di buon ora, prima di iniziare la
dura giornata di lavoro.
L'igliastra è la carne di capra giovane, cucinata a spezzatino
con un sughetto saporito, una varietà culinaria per rendere
gradevole la carne delle capre allevate in loco. Oggi la pietanza
viene riproposta come una peculiarità del luogo, per
attirare turisti alla ricerca di 'novità' gastronomiche;
in tal modo l'allevamento di capre, precedentemente abbandonato,
può essere incentivato e costituire una risorsa economica
più produttiva
Oltre ai dolci di varia prelibatezza vengono serviti i 'causciun',
una variante dei cauciun' o calzoni in uso in molte località
del Meridione, che, tuttavia, assumono una denominazione ed
un gusto particolare nelle diverse realtà, a secondo
degli ingredienti e del procedimento usati.
La serata si chiude piacevolmente; molti procedono a passo di
danza col rimpianto di balli che non avrebbero voluto interrompere.
|